IL PAESE
Il paese delle “Teste Quadre”: una comunità da conoscere tra
passato, presente e futuro
Potete chiamarlo “impunemente” il paese delle Teste Quadre, ma solo perché gli abitanti di San Maurizio Canavese, a questo nomignolo, ormai ci hanno fatto l’abitudine e anzi, come di solito accade in questi casi, se ne fanno bonariamente vanto. Poco importa, in fondo, da dove derivi l’epiteto degli abitanti del nostro paese.
Probabile il riferimento alla forma della parte sommitale della torre campanaria, ma non meno probabile lo zampino, nel corso dei secoli, di qualche buontempone dei paesi limitrofi. In ogni caso ormai è fatta, la storia è storia e questo nomignolo, in fondo, ci piace.
La storia del paese, dove s’intrecciano due millenni di vita
È antico, il nostro paese. Di preciso non sapremmo dire nemmeno quanto, perché il territorio di San Maurizio Canavese, di fatto, è abitato da sempre, almeno fin da quando nella zona stazionavano tribù liguri-celtiche. Anche quando il paese non era ancora un paese, insomma, quest’area probabilmente era già popolata.
I primi reperti che certificano la presenza di un insediamento risalgono però all’epoca tardo-romana, quando il nostro paese era probabilmente identificato con il toponimo di Stefanico. Nome che parrebbe essere sopravvissuto fino all’XI secolo, quando fu gradualmente affiancato e poi soppiantato dalla denominazione di San Maurizio, in omaggio al martire della Legione Tebea al quale era dedicata la cappella del castello.
Già, il castello, fulcro della vita di ogni importante centro abitato nel Medioevo.
Quanto ci piacerebbe averlo ancora, ma purtroppo non ne è rimasta traccia. Forse non era nemmeno un castello vero e proprio, probabilmente quello che in vari documenti viene citato come tale era poco più che una casaforte attigua a quella che oggi conosciamo come la nostra pregevole e antica chiesa plebana e che chiamiamo, affettuosamente, la “Chiesa Vecchia del cimitero”, fra i simboli della nostra comunità.
In ogni caso, castello o non castello, il vicus de Sancto Mauricio, nel suo piccolo, in età medievale dovette essere una realtà dinamica e tutt’altro che marginale nel circondario: un villaggio con la chiesa e il castello dei signori costituiva un centro di riferimento di tutto rispetto. Il nostro paese all’epoca faceva parte della Castellania di Ciriè. Come tale, alla fine del XIII secolo apparteneva al Marchesato del Monferrato. Le abitazioni sparse intorno al nucleo abitativo centrale dovevano però essere molto povere e semplici. E soprattutto il paese non aveva difese né cinta muraria, dunque era facilmente esposto alle scorribande e alle angherie degli eserciti di passaggio.
Ecco perché il secolo successivo fu particolarmente importante per la nostra attuale San Maurizio Canavese. Nel 1335, infatti, la marchesa Margherita di Savoia concesse alla comunità il terreno necessario alla fondazione del nuovo abitato, che corrispondeva in sostanza a parte dell’attuale concentrico: dunque a poca distanza dal primitivo centro, ma con opere di fortificazione e difesa per proteggere gli abitanti. Lo spostamento delle attività nel nuovo centro, che di fatto avrebbe dato vita al paese attuale, determinò la graduale scomparsa del nucleo originario e anche del castello o casaforte attigua alla “Chiesa Vecchia”.
Quest’ultima continuò ad esercitare le funzioni di parrocchia fino al 1813, ma la celebrazione delle cerimonie sacre venne progressivamente spostata nella nuova chiesa voluta dalle Compagnie di Santa Croce e del Corpus Domini nonché dalla Comunità: si tratta dell’attuale chiesa parrocchiale di San Maurizio Martire (quella con il campanile simbolo di noi Teste Quadre!).
Com’è facile immaginare, la principale fonte di sostentamento della comunità nel corso dei secoli fu costituita dall’agricoltura. Il nuovo paese si allargò progressivamente sulla pianura circostante, sviluppandosi in isolati ordinati – come si può notare ancora oggi passeggiando nelle vie del concentrico – che comprendevano abitazioni civili, tettoie, stalle, cortili e porte carraie, mentre i forni ed i pozzi erano prevalentemente in comproprietà.
A partire dal XVII secolo, con l’impianto di grandi cascinali, l’attività agricola conobbe anche nel nostro paese un importante sviluppo e soprattutto una progressiva razionalizzazione dei metodi di coltivazione e di allevamento del bestiame, sfruttando nel migliore dei modi le vaste estensioni di terreni che caratterizzano il nostro territorio e le notevoli risorse idriche di cui è ricco da sempre.
Risorse che, opportunamente sfruttate, incominciarono ad offrire anche preziosa energia per l’impianto e il funzionamento di laboratori e officine di vario genere, anche se l’attività artigianale e industriale nel paese restò piuttosto marginale e destinata a una piccola parte della popolazione, mentre l’economia locale rimase prevalentemente agricola.
Si trattò comunque di esperienze molto importanti, che nel corso dei secoli offrirono ai sanmauriziesi competenze sempre più specializzate.
La coltivazione e la lavorazione della canapa e della seta, praticate soprattutto dalle donne, costituirono per esempio una discreta possibilità di integrazione degli scarsi redditi familiari, ma al tempo stesso permisero di acquisire e assimilare progressivamente le conoscenze di un lavoro di tipo industriale che avrebbe poi trovato applicazione nei cotonifici del primo ‘900 e di cui sarebbe stato un importante esempio lo stabilimento Remmert. Ma questa è un’altra storia.
Prima di terminare il nostro viaggio entrando nell’età contemporanea, facciamo un passo indietro e ricordiamo che il territorio del paese attuale, per quanto ampio, è assai più piccolo della San Maurizio di un tempo.
Il nostro Comune, infatti, comprendeva anche il territorio dell’attuale paese di San Francesco al Campo, denominato Valda di San Morizio. Nel 1694, gli “abitanti dell’altipiano” – così erano chiamati i sanfranceschesi dell’epoca in riferimento all’area delle Vaude – versarono la somma di lire 5.000 per ottenere l’autonomia dal Comune di San Maurizio, il cui territorio si ritrovò così praticamente dimezzato.
Il nostro paese assunse la definitiva denominazione attuale nel 1862, quando, con deliberazione della Prefettura, San Maurizio aggiunse “Canavese” al proprio nome.
Pochi anni più tardi, nel 1869, entrò in funzione sul nostro territorio la stazione dell’attuale ferrovia Torino-Ceres, che contribuì a modificare e ad arricchire ulteriormente le potenzialità della comunità locale, favorendo in modo determinante lo sviluppo delle attività lavorative nel territorio e offrendo ai sanmauriziesi l’opportunità di spostarsi più agevolmente per trovare occupazione soprattutto nelle fabbriche del Torinese.
Il resto è storia recente. Recente si fa per dire, in realtà, perché il Novecento ha visto cambiare in modo determinante San Maurizio Canavese.
Ma, soprattutto, il cosiddetto secolo breve nel suo turbinare senza sosta di eventi e di progresso ha portato anche nel nostro paese sviluppo e sofferenze, l’esplosione entusiasmante dell’epoca della modernizzazione ma anche quella, di poco anteriore, delle bombe della Seconda Guerra Mondiale.
Mille e mille storie si intrecciano nella nostra comunità. Sono le storie delle donne e degli uomini che da oltre due millenni costituiscono il nucleo della gente di qui.
Un nucleo poi arricchito, soprattutto nell’ultimo secolo, da numerose famiglie provenienti da fuori, dalla città ma anche da altre regioni d’Italia e da altri Paesi del mondo.
Contribuendo ad ampliare una comunità forse molto diversa da un tempo. Ma sempre orgogliosamente Testa Quadra.
Che cosa vedere, piccole e grandi meraviglie del nostro paese
Ce ne sono tanti, di motivi per visitare il paese di San Maurizio Canavese. Se la storia della nostra comunità, dall’antico vicus di San Moricio ad oggi, vi ha incuriositi, in questa sezione non resta che suggerirvi alcune ricchezze da scoprire o da riscoprire, magari durante una bella passeggiata per le vie del concentrico e delle due importanti frazioni Ceretta e Malanghero. Oppure tornando a casa dopo esservi immersi in una delle nostre fiere e manifestazioni.
Basta camminare adagio, godendosi le tracce del passato e osservando con attenzione. Antichi portoni, fregi, residui di affreschi. Ma anche veri e propri monumenti, chiese e palazzi, testimonianze autentiche e vigorose del nostro semplice ma orgoglioso passato.
Dal momento che, come suggerisce SMart, “fare comunità è un’arte”, vi diamo qui alcuni suggerimenti su cosa vedere nel nostro bel paese. E soprattutto vi diamo un consiglio: andate piano, passeggiate, respirate, godetevi l’atmosfera.
Ah, un’ultima cosa. Se capitate nel nostro paese di pomeriggio ed è una bella giornata dal cielo terso, aspettate il tramonto: il momento in cui si spegne il giorno dietro le “nostre” Alpi Graie è un dolce e delicato spettacolo.
Palazzo Bianco (secolo XVII)
Trovarlo è facilissimo, poiché è la sede del municipio, in piazza Martiri della Libertà, lungo la centrale via Matteotti, nel cuore del concentrico del paese.
Fu dimora dei Conti Bianco di San Secondo che, nel 1673 acquistarono il feudo di Barbania con il titolo baronale. Intorno al 1820 il palazzo fu ceduto al Comune, che vi stabilì la sede del municipio.
Nonostante le ristrutturazioni effettuate per adattare a uffici il corpo e le ali del palazzo (che fino al 1936 insieme al municipio ospitò anche le scuole del paese), è ancora integra la buona architettura secentesca dell’insieme.
I restauri, in particolare, hanno riportato alla luce antichi soffitti a cassettoni e pregevoli ambienti. Il palazzo offre un’elegante oasi di respiro nel cuore del paese, adagiato a fare da quinta a un gradevole giardino.
Il monumento ai Caduti
Opera dello scultore Michelangelo Monti di Torino, fu eretto nel 1925 in memoria dei Caduti della Prima Guerra Mondiale. Originariamente occupava il lato destro del giardino antistante il municipio.
Misteriosamente scomparso per qualche tempo (in realtà opportunamente messo in salvo da un’improvvida fusione), dopo la Seconda Guerra Mondiale fu posizionato al centro del giardino insieme al suo basamento originale.
Nel 2018 il monumento è stato sottoposto ad un importante intervento di restauro, la cui spesa è stata coperta per un terzo dal Comune, per un terzo dall’Associazione Amici di San Maurizio e per un terzo da una raccolta fondi estesa a tutta la popolazione.
L’antica chiesa plebana (secolo XI)
È per tutti la “Chiesa Vecchia del cimitero” e rappresenta uno dei simboli del paese.
Si tratta senza dubbio del monumento più pregevole e importante – dal punto di vista storico, artistico e architettonico – della comunità di San Maurizio Canavese.
L’antica chiesa plebana è monumento nazionale dal 1922 e il suo nucleo più antico, il campanile romanico, risale alla prima metà dell’XI secolo.
Sorta molto probabilmente su un antico luogo di culto, come suggerisce il ritrovamento di alcuni reperti, è costituita da tre navate.
L’originario nucleo romanico ha infatti subito varie contaminazioni architettoniche e artistiche nel corso dei secoli.
Sono per esempio attribuibili al periodo gotico la parte superiore dell’abside e un tratto di muratura alta della parete nord del presbiterio, mentre si deve al periodo barocco la ricomposizione di alcuni altari.
Al Settecento risalgono la costruzione delle volte sulle navate laterali e l’aggiunta della sacrestia, mentre tra l’Ottocento e il Novecento sono state realizzate le decorazioni pittoriche a finto marmo.
Il vero gioiello di cui la “Chiesa Vecchia del cimitero” costituisce lo scrigno è però costituito dagli affreschi in essa contenuti: in particolare gli affreschi detti del “ciclo dei Serra”, commissionati nel 1495 a Bartolomeo e Sebastiano Serra, celebri artisti che nel XV secolo lasciarono pregevoli testimonianze dal Pinerolese – loro terra d’origine – alla Valle di Susa e al Canavese, oltre che in Savoia e nel Delfinato, e che nella nostra “Chiesa Vecchia” dipinsero le Storie di Cristo.
Un’opera che gli appassionati non mancano mai di accorrere ad ammirare ogniqualvolta l’antica Pieve viene aperta ai visitatori.
Chiesa di San Maurizio Martire (secolo XVI)
È la chiesa parrocchiale e sorge a un centinaio di metri dal palazzo comunale. La sua costruzione fu iniziata probabilmente verso la metà del XVI secolo, nel luogo di un’antica cappella, ma i documenti sulle sue origini sono scarni e lacunosi.
L’unica informazione certa è che ai tempi dell’inizio della costruzione della nuova chiesa furono demolite due cappelle nelle vicinanze dell’attuale edificio.
Esistono invece numerose testimonianze del proseguimento dei lavori nel corso del secolo XVII. Lavori che si protrassero piuttosto a lungo, attraverso varie fasi successive, e che furono completati solo verso la fine del secolo XVIII.
Il lungo lasso di tempo dedicato alla costruzione e il mutare del gusto architettonico e artistico nel corso dei secoli hanno lasciato traccia di stili diversi e armoniosamente integrati nella principale chiesa del paese.
La facciata si presenta come un pregevole esempio di architettura secentesca classicheggiante, mentre l’interno è molto ampio, ad una sola navata e con sei cappelle laterali, molto sobrio nelle linee architettoniche ma ricco di decorazioni e dorature.
La chiesa, intitolata a San Maurizio Martire, patrono del nostro paese, custodisce una reliquia – il femore – del santo martire della Legione Tebea, donata dai Savoia nel 1599 per intercessione del marchese D’Oria.
Ancora oggi, il 15 gennaio di ogni anno, viene celebrata una messa per ricordare il giorno della traslazione della reliquia da Torino (dov’era arrivata nel 1591) al nostro paese: è il giorno della “Festa delle Reliquie”.
Torre campanaria (secolo XVIII)
Annesso alla chiesa di San Maurizio Martire, ma di competenza comunale, è il “famoso” campanile.
Famoso, da una parte, perché con la forma della sua sommità potrebbe essere il responsabile del soprannome di noi Teste Quadre e, dall’altra, perché con i suoi 58 metri è una delle torri più alte di tutto il Canavese e arrivando da Sud-Est lo si vede stagliarsi orgoglioso sullo sfondo delle vette delle nostre montagne.
Ma il campanile del nostro paese – record di altezza e aneddoti sulle Teste Quadre a parte – merita di essere considerato soprattutto per la sua pregevole architettura, da attribuire all’architetto Ludovico Bo, nato proprio a San Maurizio Canavese e
poi emigrato alla corte dei Savoia, dove fu valente continuatore dell’opera dello Juvarra, portando a termine parte della Palazzina di Stupinigi. La costruzione del monumentale campanile del nostro paese fu intrapresa nel 1764 e richiese 15 anni di lavori.
Chiesa del Santissimo Nome di Maria (secolo XVI)
Costituisce il cuore della frazione Ceretta, una delle tre anime – insieme al concentrico e alla frazione Malanghero – del paese di San Maurizio Canavese.
Originariamente dedicata alla Madonna di Loreto, è citata nei documenti fin dalla metà del XVI secolo, quando con ogni probabilità la facciata era volta verso l’attuale casa parrocchiale.
Nei secoli successivi, fra il ‘600 e l’800, conobbe vari ampliamenti, trasformazioni e lavori di abbellimento – segno della profonda devozione e del grande attaccamento all’edificio da parte degli abitanti di Ceretta – che l’hanno portata ad essere la chiesa che vediamo oggi, con la sobria ma elegante facciata tripartita da lesene. Nel 1915 fu riconosciuta parrocchia autonoma e intitolata al Santissimo Nome di Maria.
Chiesa di San Grato (secolo XVII)
Punto di riferimento della frazione Malanghero, la chiesa di San Grato era originariamente una piccola cappella campestre dedicata a San Giulio, che sappiamo esistere di sicuro fin dall’inizio del XVII secolo.
La facciata è ripartita da lesene sormontate da un finestrone semicircolare e da un timpano.
L’interno è ad una sola navata. Nella parte absidale si conserva un dipinto ovale che rappresenta San Grato in venerazione della Beata Vergine. La chiesa custodisce un piccolo ma pregevole organo ottocentesco.
Chiesa della Madonna della Neve (secolo XVII)
Situata lungo via Ceretta Inferiore, una delle due strade che collegano il concentrico di San Maurizio Canavese alla frazione Ceretta, la chiesa – ma per tutti in paese è il “santuario” – della Madonna della Neve si presenta con una semplice facciata preceduta da un porticato.
La pianta ovale è sormontata da un armonioso campaniletto. Anche questa chiesa deve essere più antica di quanto si può supporre osservando la sua architettura risalente al XVII secolo, poiché si trova su un tracciato che ricalca le antiche vie di accesso alle Valli. Nei documenti d’archivio, infatti, viene citata come “Madonna della strada”.
La Pia Società ha provveduto al restauro della tela che raffigura San Maurizio in atto di venerazione verso la Madonna, mentre sullo sfondo si vede la chiesa parrocchiale con il suo campanile e un cielo in tempesta. La festa viene celebrata nella prima domenica di agosto.
Palazzo Pastoris (secolo XVIII)
L’edificio occupa l’intero isolato compreso tra le vie Olivari e Roma, affacciandosi con i suoi portici sulla centrale via Matteotti.
Un tempo di proprietà di una delle più importanti famiglie del paese, è oggi diviso fra diversi proprietari, ma nonostante i numerosi rimaneggiamenti non ha perduto l’elegante aura delle sue forme settecentesche.
Villa Viarana (secolo XVIII)
Maestosa ed elegante nella sua sobrietà, Villa Viarana sorge sul margine orientale del concentrico del paese, nell’area compresa tra via San Michele e via Leinì.
In questa zona, almeno fin dall’inizio del XVII secolo sorgeva una filanda di seta.
La villa fu commissionata da Giacinto Viarana al celebre architetto Luigi Barberis, il quale con elegante praticità collegò all’antica filanda il nuovo edificio. La villa si sviluppa su due piani con un corpo centrale e due ali.
La facciata principale è rivolta al giardino, ad Est, ed è fronteggiata da un ingresso, oggi non in uso, sormontato da un arco tondo.
L’arco, il muro orientale del parco e il profilo della villa costituiscono il primo piano del quadro che il paese offre alla vista di chi arriva da Torino, transitando sulla circonvallazione corso Piemonte.
Cappella di San Michele (secolo XVII)
Adiacente al complesso della Villa Viarana, sorge la cappella di San Michele.
I primi documenti che la citano risalgono all’inizio del XVII secolo, ma è lecito supporre che le sue origini siano assai più antiche, dal momento che fin dalla metà del ‘400 a San Michele era dedicata la vicina porta orientale.
La cappella si presenta oggi di pianta ovale e stile rococò. L’altare ha la parte superiore in legno scolpito e dorato.
Una grande cornice ovale pure dorata, sorretta da due angioletti, racchiude una splendida tela settecentesca nella quale si vede la Vergine in gloria con San Maurizio, San Michele, Santa Ludovica e San Giacinto. Le pareti e la volta sono decorate con motivi floreali.
Sono curiosi i banchi, disegnati in modo tale da seguire l’andamento ovale della pianta. L’ubicazione della cappella era tale da consentire l’accesso e la frequenza alle funzioni sia dei Viarana sia della popolazione, la quale così non era costretta a passare all’interno della villa.
Cappella di San Rocco (secolo XVII)
L’attuale aspetto barocco della cappella che sorge sul lato Sud del concentrico – all’intersezione delle vie Fatebenefratelli, Tesio e Ceretta Inferiore – risale al 1700.
Tuttavia la costruzione della Cappella di San Rocco va fatta risalire ad almeno un secolo prima. Nelle sue vicinanze, all’ingresso del paese, sappiamo infatti che nel 1599 venivano redatti i bollettini sanitari di libera circolazione, necessari a causa della violenta pestilenza del 1598-99.
E la stessa memoria della tradizione popolare vuole che la cappella sia stata eretta proprio per invocare protezione o forse come ex voto per lo scampato pericolo.
Sempre a quegli anni, inoltre, i documenti fanno risalire una riparazione del tetto della cappella. La facciata presenta una semplice impostazione settecentesca, con due lesene laterali ed il timpano.
All’interno si trova un pregevole altare ligneo di foggia barocca (1762), proveniente dal soppresso convento dei Francescani. A lato dell’altare si ammirano due affreschi rappresentanti vari santi a grandezza naturale. L’icona centrale raffigura la Deposizione di Cristo con accanto San Rocco e San Sebastiano.
Le Person dij Partigian
Le “Prigioni dei Partigiani”, nel cuore del paese, costituiscono uno spazio museale unico sul territorio.
Si tratta degli scantinati dell’edificio in cui è ospitata la scuola media “Andrea Remmert”, in via Bo 4, che furono usati come locali di detenzione da parte dei paracadutisti fascisti repubblicani del Battaglione “Nembo” nel 1944/45.
L’idea di recuperarli in forma espositiva risponde all’esigenza di restituire alla memoria collettiva questo luogo simbolo, con l’obiettivo più ampio di farlo diventare il primo tassello di un percorso della Resistenza per valorizzare un autentico patrimonio storico che ancora sopravvive, soprattutto nel concentrico, e che conferisce al paese i tratti speciali di un museo diffuso, utile alla formazione di una coscienza civile e democratica dei giovani.
Bevi qualcosa? Oppure hai fame?
Il nostro paese è ricco di punti di ristoro, per un caffè, uno snack, una pizza con gli amici oppure per gustare qualcosa di speciale in trattoria o in un ristorante tipico. San Maurizio Canavese offre proposte per tutti i gustiDove mangiare
Sei un turista alla scoperta di Torino, del Canavese e delle Valli di Lanzo? Oppure viaggi per lavoro?
Il nostro paese è un ottimo punto d'appoggio, a due passi dall'aeroporto e a pochi minuti dai tanti punti d'interesse di questo angolo di Piemonte.Dove dormire
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Ecco un sacco di cose belle da conoscere per scoprire e vivere il paese da vera "Testa Quadra"!Vivi il paese